Black Friday dell’utero in Ucraina: soddisfatti o rimborsati
Siamo ancora capaci di indignazione e di rivolta morale?
Il caso della bimba abbandonata in Ucraina da una coppia italiana che era ricorsa alla fecondazione artificiale ed alla pratica vergognosa dell’utero in affitto, ci chiama a un giudizio morale senza scorciatoie.
Dice qualcuno che questi sono temi divisivi: ebbene sì, dividiamoci.
Che dire della riduzione a cosa degli esseri umani, già prima della nascita, prodotti da compravendere su appositi siti online?
Che dire della piccina, vittima di due abbandoni, il primo della madre surrogata, la donna ucraina che l’ha tenuta in grembo per nove mesi, il secondo dei “genitori “italiani che non la vogliono più. Forse non corrisponde al catalogo visto su Internet, forse non ha gli occhi blu, magari non hanno avuto lo sconto sperato, poiché in Ucraina c’è il Black Friday (il venerdì degli sconti) anche per l’acquisto di bambini.
Viviamo ancora in nazioni civili o in una barbarie “civilizzata” in cui l’uomo è una merce da vendere e affittare?
A vergogna si aggiunge vergogna: l’ignara bebè – ora affidata a buona gente di Novara – la rivendica una consigliera nazionale dell’associazione radicale Luca Coscioni, impegnata nella legalizzazione della maternità surrogata che loro chiamano “maternità solidale”: merce di una battaglia ideologica.
Esprimiamo una speranza e un auspicio. La speranza è che il senso morale del nostro popolo sappia respingere questa ulteriore deriva disumana. I figli non si fabbricano, non si comprano e non sono un “diritto”! L’auspicio è che la coppia affidataria – un uomo e una donna, in questo mondo invertito tocca gridarlo – adotti la bimba e la accompagni in una vita lunga, bella e serena.
Ma noi, ci vergogniamo almeno un po’ di un mondo così?
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